Scartando il pattume dei palinsesti televisivi, proviamo ad estrarre quel poco che rimane di positivo ricostruendo così, un percorso di analisi critica dello stato dell'informazione nel nostro paese con un occhio di riguardo ai poteri, spesso occulti, che quotidianamente cercano di controllarlo.

venerdì 16 ottobre 2009

L'Editoriale clandestino - n° 3


LA SCOMPARSA DEI FATTI. Si prega di abolire le notizie per non disturbare le opinioni.
Travaglio ci parla dello stato dell’informazione in Italia: un’informazione programmaticamente svuotata di contenuti, malata di revisionismo, corrotta, mercenaria, sostanzialmente menzognera. E c’è poco da stare allegri se, come sostiene l’autore, le lobbies che influenzano la libertà di stampa e che si oppongono al rispetto dell’oggettività dei fatti vanno da destra a sinistra, dai berluscones ai lottatori continui (gli ex di Lotta Continua), uniti dall’indulto e dalle battaglie per l’impunità dei corrotti, ma entrambi allergici ai fatti nudi e crudi e a chi li racconta senza remore di parte. Oggi la vera divisione tra i giornalisti non è fra destra e sinistra ma “fra schiene dritte e schiene curve, o quantomeno flessibili”, sostiene Travaglio, richiamando l’invito di Montanelli a scrivere per i lettori, a parlar chiaro e a farsi capire da tutti, e non a scrivere in codice solo per chi ti dovrebbe capire.
Secondo Travaglio un maestro nell’arte del parlar d’altro per cancellare le notizie è ad esempio Bruno Vespa che, nelle sue trasmissioni quotidiane, riesce a eludere le notizie invise ai potenti con puntate di puro intrattenimento. Poi c’è il costume del “senti questo, senti quello” assai diffuso nelle redazioni dei giornali e che porta a sentire tutti su tutto e così a dare la parola all’inesperto di turno, facendola passare per verità. Il malcostume va dal parlare delle inchieste dei magistrati a prescindere dalle tangenti, agli articoli mai smentiti sulle armi di distruzione di massa di Saddam, agli allarmi sulla “pandemia” dei polli in arrivo dall’Asia. Travaglio mette il lettore in guardia da questo “Premiato Bufalificio Italia” e conclude amaramente, sostenendo che i giornalisti italiani stanno diventando non i “cani da guardia”, ma i “cani al guinzaglio” del potere.

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